Kékszakállu: adolescenza liquida e riflessi possibili

 
 

È una piscina ad aprire e chiudere la riflessione di Solnicki. In apertura c’è una bambina che esita a tuffarsi dal trampolino; è incerta, insicura, forse anche spaventata: alla fine si tuffa, un po’ goffamente rispetto agli altri bambini che lo hanno fatto prima di lei. Ed è una piscina (ancora) una delle ultime immagini della pellicola, ispirata all’opera in un atto composta da Bëla Bartok nel 1911, Il castello di Barbablù. Kékszakállu (impronunciabile titolo ungherese attribuito, tra l’altro, ad un film argentino) è disponibile sulla piattaforma MYmovies One nella sezione Biennale Cinema Channel

Ci sono una serie di “ragioni” da indagare. Innanzitutto, la scelta di ispirarsi all’opera di Bëla Bartok che, a sua volta, si rifà sia alla celebre fiaba La Barbe Bleue (1697) di Charles Perrault sia al dramma Ariane et Barbe Bleue (1901) di Maurice Maeterlinck. Nella versione di Bartok i protagonisti sono solo due, Barbablù e la sua ultima moglie Judit. Nella fiaba francese, invece, Barbablù è un ricco signore che vive in un castello e uccide le mogli dopo averle torturate. Solnicki prende ispirazione dall’opera del compositore ungherese per analizzare le difficoltà dell’adolescenza declinate a seconda delle diverse classi sociali.  C’è la “liquidità” - così come è stata definita dal sociologo Zygmunt Bauman - in cui convivono il timore di non essere accettati, la difficoltà ad instaurare legami solidi, il disorientamento che scaturisce dall’improvvisa autonomia. In Kékszakállu (disponibile in abbonamento su Mymovies One) ci sono - da un lato - i primi amori e le prime espressioni di ribellione verso i genitori; dall’altro, la noia, l’apatia e gli sguardi persi di chi vive in una villa con piscina e che deve fare i conti con giornate lunghe e piatte. Tutte queste dinamiche vengono analizzate mantenendo costante il rapporto con l’acqua: il regista gioca sul riflesso (simbolico) che restituisce le immagini di giovani donne che provano a costruire un’identità. Inevitabile non pensare alla corporeità messa in scena da Jacques Deray ne La piscina, e ai successivi omaggi e rifacimenti, da Swimming Pool di François Ozon a A Bigger Splash di Luca Guadagnino. 

All’interno dei mondi definibili ma non ancora definiti, le adolescenti descritte da Solnicki si misurano con la paura e la curiosità di scoprirsi. C’è chi non ha ancora deciso che cosa studiare (o che non sa neppure quali siano tutti i corsi di laurea “possibili”) e cerca qualcuno che possa condividere lo stesso problema. Chi non sa decidere qual è il momento giusto per viaggiare, chi prova a diventare indipendente lavorando o slegandosi dai genitori. In particolare, una delle ragazze vive un disagio con il proprio corpo che la porta a sentirsi diversa dalle altre coetanee, come se fosse estranea alla sua vita, non partecipe. Come se non fosse in grado di integrare nell’immagine di sé il corpo e le trasformazioni che ha subito nella fase di sviluppo. Kékszakállu (inserito nella sezione Orizzonti della 73a Mostra Internazionale del Cinema di Venezia) è un film in cui - forse volutamente - restano irrisolti alcune spiegazioni sui simboli; ci si può soffermare sul percorso di formazione delle adolescenti, sulle accensioni liriche, sulle immagini che l’acqua restituisce. Sono, spesso, però, immagini che sfuggono, proprio perché in continuo movimento. 

Biennale Cinema Channel, piattaforma streaming promossa dalla Biennale di Venezia in collaborazione con MYmovies, comprende film acclamati e titoli da riscoprire della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica degli ultimi anni, rimasti inediti in Italia. I titoli presenti fanno parte delle sezioni Concorso, Fuori Concorso e Orizzonti delle edizioni della Mostra fra il 2007 e il 2020, di autori di tutto il mondo, fra i quali Atom Egoyan, Amat Escalante, Amos Gitai, Benoît Jacquot, Kiyoshi Kurosawa, Carlos Reygadas, Arturo Ripstein, Yesim Ustaoglu.

Indietro
Indietro

Nettare degli dei: radici, destini e vini pregiati

Avanti
Avanti

What We Do In The Shadows 4: la nuova (ma non ultima) stagione dell’inarrestabile mockumentary