Nuclear Family - Un padre di troppo
È molto raro che il documentario si carichi di uno sguardo così intimista e indaghi a fondo l’interiorità di chi racconta. Questo compito è più frequentemente affidato al film di genere, e/o finzione. Eppure la miniserie documentario Nuclear Family (HBO, 2021), diretta da Ry Russo-Young, vuole e fa proprio questo: esplora con candore, sicuramente non poco sofferto, l’influenza che un periodo tormentato della sua infanzia ha avuto sulla sua famiglia e sulla sua crescita.
In tre episodi della durata di tre ore complessive, la regista, attrice e produttrice (Nobody Walks, Hannah Takes The Stairs) si mette completamente a nudo e spalanca a sé stessa e allo spettatore le porte del suo passato. Ry è nata negli anni ’80 a New York, ha una sorella, Cade, e due madri, Sandy e Robin. Apparentemente sembrerebbe irrilevante coinvolgere i rispettivi padri biologici di Ry e Cade nella storia di una famiglia di cui effettivamente non fanno parte, senonché è proprio questa paternità mancata che metterà in discussione la natura e l’esistenza del nucleo.
Sin dalla tenera età Ry e Cade hanno dimostrato un certo interesse nel conoscere le fantomatiche figure paterne di cui i coetanei tanto parlano, così Sandy e Robin decidono di presentare loro Tom e Jack (rispettivamente padri biologici di Ry e Cade). Se con Jack le bambine non stringeranno mai un vero legame, si affezioneranno sempre di più a Tom, che a sua volta riscoprirà un particolare affetto e attaccamento alle bambine, e nello specifico a Ry. Gli incontri da sporadici diventano sempre più frequenti, e la situazione inizialmente all’insegna di un gioioso coinvolgimento affettivo degenera nella volontà di Tom di imporsi quotidianamente nella vita delle bambine. Questa volontà di pre-potenza troverà sfogo concreto nella causa legale per la custodia parentale di Ry, che darà inizio a un iter giudiziario stremante per la famiglia, improvvisamente costretta a difendere la propria legittimità.
In un continuo omaggio e provocazione al concetto tradizionale di famiglia nucleare, Nuclear Family, non è soltanto la storia della causa legale per la custodia parentale della protagonista/regista, e giudizi assoluti a riguardo non possono e non vogliono essere espressi in maniera perentoria. È infatti nelle sfaccettature e negli spazi liminali che la regista scava quasi compulsivamente, alla ricerca di una comprensione e di un'accettazione completa dell’accaduto. Per farlo, Russo-Young si serve di filmati d'archivio che la ritraggono bambina spensierata con Tom e la sua famiglia, di materiale personale girato nell’arco degli ultimi 15-20 anni, e di interviste fatte in tempi più recenti alla sorella e alle madri, ad amici e parenti di ambo le parti -quelli delle madri, e quelli di Tom-, agli avvocati che si occuparono della causa e all’assistente sociale a cui fu affidata durante il processo.
Nel tentativo di ricostruire una visione d’insieme lucida, scevra da quell’emotività contingente che obnubila la percezione della realtà, la regista astrae e osserva dall’alto tutti quei pezzettini del puzzle che non aveva mai esaminato. Il medium documentaristico acquista quindi una funzione terapeutica, tramite cui la regista, abbandonandosi, ritrova sé stessa. Quella bambina con occhi confusi, smarriti e arrabbiati, è ormai una donna adulta, che ora conciliante, decide volutamente di ricordare con tenerezza i momenti passati con Tom e di rinobilitare il rapporto con quell’uomo, per tanto tempo odiato.