Death without Mercy: il documentario shock sul terremoto in Turchia e Siria
6 febbraio del 2023, una serie di scosse di magnitudo superiore al 7.5 devastano il sud della Turchia e parte della Siria provocando quasi 60.000 vittime. Waad Al-Khateab decide allora di raccontare quanto accaduto con Death without Mercy, disponibile su Paramount+. Ma come farlo? La scelta non è semplice, ma per cercare di creare un legame empatico con le vittime la regista decide allora di raccontare la storia in ordine cronologico, seguendo i lutti di due famiglie di immigrati siriani e raccontando tutto tramite un’accurata selezione di video, filmati di telecamere e circuito chiuso, servizi giornalistici e testimonianze di civili intrappolati nelle macerie. A questi si aggiungono le interviste fatte ai sopravvissuti delle famiglie di cui si racconta la storia.
Fin dai primi momenti appare chiaro che Waad Al-Khateab vuole spingere forte sulla chiave del dolore: il dolore della perdita di un figlio, il dolore per la perdita dei genitori, di fratelli e sorelle. Ma questa scelta appare un’arma a doppio taglio perché, per assurdo, questo dolore, vero, autentico, rischia di sfociare nell’esasperazione. Death without Mercy vuole far leva sull’indignazione legata ad un evento incomprensibile, il crollo a seguito di una serie di scosse di terremoto del Ronesans Residence costruito appena dieci anni prima e considerato solido e antisismico. Eppure sembra mancare qualcosa, o meglio qualcosa sembra non funzionare. Considerata una durata totale di circa un’ora e venti (compresi i titoli di coda) la prima ora e dieci è dedicata al racconto delle speranze e dei dolori dei famigliari in attesa di notizie dei cari sepolti nelle macerie e solo gli ultimi minuti cercando di capire cosa è successo. Ecco dunque arrivare una sorta di affrettata critica a una politica turca di condoni edilizi che hanno permesso di costruire edifici là dove non avrebbero dovuto esserci. Non c’è giustizia per i morti, perché le prove sono state fatte sparire e la giustizia non riesce ad arrivare in tribunale.
Death without Mercy è un documentario difficile da digerire, che appartiene forse a una cultura molto diversa dalla nostra. Per chi, come me, è abituato a non mettere in bella mostra il proprio dolore, si ritroverà spiazzato nel guardare questo documentario. Non ho apprezzato quanto i primi piani dedicati alle persone sconvolte dalla sofferenza, il rimarcare e ricordare ossessivamente i momenti di strazio. Anche le interviste sembrano essere finalizzate solo a voler portare avanti una “tv del dolore” lasciando le riflessioni da parte. Giusto ogni tanto appare qualche accenno a ritardi da parte dei soccorsi, ma tutta questa componente è fortemente diluita dal contesto in cui è inserita. Un peccato anche che non ci sia voglia o tempo di affrontare il tema degli immigrati siriani in Turchia visto che le due famiglie fanno parte proprio di questa categoria di persone.
In conclusione Death without Mercy è un documentario difficile, non per tutti, che porta lo spettatore di fronte a una realtà straziante che è talmente preponderante da risultare soverchiante. Non c’è spazio per altro e lo spettatore rischia per assurdo di non riuscire a reggere lo shock del dolore messo in bella mostra. In sostanza Waad Al-Khateab dirige un film che è specchio della società odierna in cui tutto, anche la tragedia, è pronto per essere servito al prossimo in nome dello spettacolo.