L’ultima cosa che mi ha detto: drammi familiari in una cornice thriller
Non conosciamo mai fino in fondo chi ci sta accanto e talvolta conosciamo ancora meno noi stessi. Ci sono momenti in cui le persone che amiamo ci appaiono come estranei, capitati per caso sul nostro cammino. Per Hannah questa spiacevole scoperta avviene quando suo marito sparisce all’improvviso nel nulla, dopo che uno scandalo colpisce la start up in cui lavora. Dietro di sé Owen ha lasciato mezzo milione di dollari in contanti e un messaggio per lei, in cui le chiede di proteggere Bailey, la figlia sedicenne avuta dal primo matrimonio.
È proprio sul rapporto tra le due che ruota la narrazione di L’ultima cosa che mi ha detto, disponibile su Apple TV+ dal 14 aprile, tratto dal bestseller di Laura Dave. La relazione tra le protagoniste, già conflittuale in partenza, è messa in crisi nel momento in cui viene a mancare l’unica cosa che poteva unirle: l’amore per Owen. Entrambe sono sopraffatte dalla situazione, assillate dal pensiero continuo di non sapere veramente chi sia la persona che più hanno a cuore. Su questo si innesta l’intreccio thriller che porta avanti l’azione della serie. Chi è veramente Owen? Perché è scappato? Cosa cercava chi è entrato nella loro casa di Sausalito mentre loro erano fuori?
L’ultima cosa che mi ha detto si inserisce in quel filone ormai popolare di film e serie tv che uniscono il genere thriller a una riflessione più intima sulle dinamiche famigliari e narrativizzano quei dubbi che tormentano ognuno nel profondo. Nella serie è poi particolarmente interessante il trattamento delle dinamiche di genere. È un filo sottile, quasi nascosto, ma non per questo meno importante. Le due protagoniste, abbandonate dalla figura maschile più importante della loro vita, intraprendono un viaggio per risolvere il mistero della sua scomparsa, trovandosi allo stesso tempo a scoprire qualcosa di più su loro stesse. In questo sono aiutate da Jules, giornalista e migliore amica di Hannah, l’unica persona di cui si fidino veramente.
Nonostante tutto parta dai legami reciproci che le due hanno con Owen, la maggior parte delle relazioni su cui si basa la serie sono quelle che intercorrono tra i personaggi femminili. Prima tra tutte quella madre-figlia; un tipo di legame che entrambe le protagoniste non hanno mai fino in fondo conosciuto, dal momento che la madre di Hannah l’ha abbandonata e quella di Bailey è morta in un incidente. Cresciute da uomini, rispettivamente il nonno e il padre, le due si trovano ora ad affrontare una dinamica per loro nuova e spaventosa, che cambierà profondamente la loro visione del mondo. Vi è poi il legame di amicizia, quasi di sorellanza, che ruota intorno al personaggio di Jules.
Se la vicenda è continuamente filtrata attraverso lo sguardo femminile, è però interessante notare come non vi sia nessun tipo di demonizzazione dei personaggi maschili. Alcuni di loro sono antagonisti, mentre altri cercano in ogni modo di proteggere Hannah e Bailey. Tuttavia questa protezione si traduce spesso nel tentativo di confinare le protagoniste a un ruolo passivo, da “damigella in difficoltà”. A questo ruolo le due si sottraggono, buttandosi a capofitto nell’azione, seguendo il proprio istinto e le proprie emozioni. In questo solo Jules le può aiutare, perché è l’unica a non sottovalutarne le capacità e la determinazione. Tutto questo è messo in scena senza retorica o artificiosità, ma con la più completa naturalezza e una particolare attenzione per l’individualità dei personaggi.