The Consultant - Il volto grottesco del male
La morte improvvisa di un genio dell’informatica, creatore di un impero dei videogiochi, sconvolge la vita dei protagonisti e mette in moto la narrazione. No, non si tratta del pitch di Ready Player One. In The Consultant (Amazon Prime) l’inaspettata dipartita di Sang Woo, fondatore ventenne della CompWare, non dà il via a una caccia al tesoro all’interno del mondo digitale di un videogioco, ma porta all’arrivo del consulente Regus Patoff (Christoph Waltz). Questo personaggio sconvolgerà per sempre le vite dei dipendenti della CompWare, in particolar modo dei due protagonisti, Elaine (Brittany O’Grady) e Craig (Nat Wolff).
Sembra doveroso partire proprio dal personaggio che dà il nome alla serie, il grottesco Regus Patoff. Questa figura sembra essere stata cucita addosso a Christoph Waltz, che dal celeberrimo Hans Landa di Bastardi senza gloria ha dimostrato di essere in grado come pochi altri di dar vita a personaggi terrificanti e al contempo esilaranti. I protagonisti, e con loro gli spettatori, non possono che assistere spiazzati alle azioni del consulente, novello CEO, che fa loro le richieste più incredibili, con una nonchalance e un candore che non possono non strappare un sorriso esasperato. Questo però non toglie il senso di inquietudine che Waltz riesce a suscitare con la più piccola espressione; uno sguardo prolungato qualche secondo di troppo, una piega impercettibile della bocca, su cui la macchina da presa indugia sapientemente.
Lo stile con cui sono girate le otto puntate è in effetti un altro punto di forza della serie. Tutto, dalla sequenza d’apertura alla colonna musicale, è concertato alla perfezione per restituire un’atmosfera al contempo familiare e straniante, onirica e naturalistica. Il continuo ricorso alle vedute aeree di Los Angeles, arsa dal sole o illuminata dai neon di notte, fa da contrappunto quasi ossessivo alla predominanza delle riprese in interni. Ossessiva è anche la presenza del rosso e del blu, che dominano la gamma cromatica di The Consultant. Dalle strisce di sangue sul vetro, in rima visiva con i gradini rossi della scalinata al neon, ai cocktail serviti nel bar in cui Patoff porta Craig, dalle sirene della polizia fino alle luci che fanno da ingresso all’archivio sotterraneo del CompWare (e qui non si può non pensare all’interno del cervello artificiale di HAL in 2001: Odissea nello spazio), questi due colori sono pressoché onnipresenti, ma non vengono utilizzati per creare un’opposizione scontata tra bene e male, tra protagonisti e antagonista.
Del resto The Consultant non si può interpretare seguendo una serie di opposizioni binarie. Certo, le tematiche che mette in campo possono essere lette come oppositive, e senza dubbio la narrazione si basa su un conflitto, ma la serie, fin dall’inizio, rifugge i cliché e sovverte le aspettative su cui si basa. Ne è un esempio il modo in cui The Consultant mette in scena e problematizza il topos della violenza nei videogiochi, spesso individuata come potenziale causa di atti criminali nei giovani, come le stragi nelle scuole. La morte di Sang Woo, ad opera di un bambino in gita nella sede della compagnia, viene continuamente ricondotta all’influenza negativa dei videogiochi, ripresa poi dagli scatti d’ira generati dal nuovo gioco prodotto dalla CompWare. Questa ipotesi viene però ripetutamente respinta, come dimostra uno dei primi dialoghi tra Craig ed Elaine; “Hai giocato ai videogame per tutta la vita, vero?” “Sì, da quando ho i pollici” “E una strage l’hai mai fatta?”.
Un altro topos che The Consultant sembra rifiutare è quello della demonizzazione della tecnologia digitale e della cultura contemporanea in generale. La CompWare è un perfetto esempio di quelle aziende nate nella Silicon Valley, in cui creatività e benessere dei giovani dipendenti vengono messi al primo posto. Regus Patoff va contro tutto questo. È la rappresentazione demoniaca di un tipo di capitalismo ormai superato. Tuttavia anche in questo la serie non offre una soluzione chiara, non presenta una parabola lineare. A differenza dei vari prodotti che mettono in dubbio dove stia il confine tra bene e male, spesso attraverso un antieroe, The Consultant mette in atto una scelta più radicale. In questa serie non c’è dubbio; il male presentato è il male assoluto. Ma se questo male funziona, se è davvero l’unico modo per vincere, perché dovremmo tirarci indietro?