Vatican Girl
La sparizione di Emanuela Orlandi è uno dei misteri che più ha colpito l’opinione pubblica italiana ed internazionale anche per via delle possibili implicazioni che, di volta in volta, sono state ipotizzate da inquirenti e giornalisti. Vatican Girl: la scomparsa di Emanuela Orlandi è una docu-serie di Mark Lewis prodotta dalla casa di produzione britannica RAW e distribuita nel mondo da Netflix. La vicenda parte dal 22 giugno 1983, data della sparizione di Emanuela, ed è riportata attraverso una narrazione serrata guidata dalla figura di Andrea Purgatori, che come cronista aveva seguito personalmente la vicenda quando lavorava per il Corriere della sera. Fin dalle prime battute appare chiaro che il pubblico di riferimento non è lo spettatore italiano, in particolare over 30, che tramite la cronaca, trasmissioni dedicate e documentari analoghi è generalmente in grado di muoversi attraverso le varie piste che, nel documentario, vengono solo apparentemente approfondite. Anche lo stile documentaristico sembra lontano dalle produzioni nostrane e cerca di catturare con uno stile a prima vista serrato, molto televisivo, ma che utilizza in realtà spesso l’espediente di ripetere le informazioni per rafforzarle e renderle fruibili anche a un pubblico distratto o che opta per visioni velocizzate.
Nel corso dei quattro episodi veniamo guidati, attraverso testimonianze e registrazioni, attraverso le principali piste del caso di Emanuela Orlandi e i possibili collegamenti con la sparizione di Mirella Gregori. Vatican Girl cerca di apparire il più oggettiva possibile ma, essendo divisa in puntate, non cede a cliffhanger e stratagemmi per spingere lo spettatore a continuare la visione degli episodi. Lo stile, e qui si giustifica la scelta di Purgatori come sorta di narratore principale, è quello di un documentario investigativo e procede attraverso l’analisi delle prove a disposizione. Non esiste in realtà un vero e proprio narratore e la vicenda viene raccontata attraverso le interviste ai protagonisti e ai personaggi implicati, più o meno indirettamente, nel caso. Le diverse piste vengono proposte seguendo un ordine cronologico e sono analizzate una alla volta per renderle il più chiare e lineari possibili. Terminata una pista, Vatican Girl opta per un espediente molto accattivante riportando tutto al punto di partenza con una sorta di rewind che consente allo spettatore di riprendere i fili prima di immergersi in un nuovo capitolo della vicenda. Come sempre parte importante nel ruolo di testimone e portavoce della famiglia è Pietro Orlandi, che con forza e determinazione continua da sempre, assieme alle sorelle e all’ormai anziana madre, a pretendere la verità.
Ora dopo ora emergono tanti interrogativi: qualcuno conosce la verità sul caso? Il Vaticano sa cosa è successo e tace? Emanuela è ancora viva? Come in un testo argomentativo la tesi diventa sempre più evidente: Il Vaticano conosce, tace, ma ha dato indicazioni chiare sulla sorte della giovane ai familiari. Questa tesi viene rafforzata dalle frasi pronunciate da Papa Francesco (“Emanuela sta in cielo”) e dalla scoperta di un fascicolo vaticano dedicato al caso la cui presenza era sempre stata negata dalla Santa Sede. A livello di implicazioni sembra inoltre abbastanza chiara, a chi ha prodotto il documentario, l’implicazione della banda della Magliana e di De Pedis. Una soluzione ovviamente non c’è, del resto il caso è ad oggi ancora irrisolto, ma il documentario riesce a creare scenari plausibili e delineati.
Ripercorrere la vicenda del rapimento di Emanuela Orlandi è un modo per riscoprire un pezzo dell’Italia che non c’è più muovendosi tra banda della Magliana, Ali Ağca e intrighi internazionali di un mondo ancora in piena guerra fredda. Se, da una parte, la serie ha come base quella di fare leva sulla pruriginosa voglia degli spettatori di sviscerare i fatti di cronaca nera, dall’altra è indubbio che il prodotto potrà risultare informativo per chi, per motivi anagrafici, non ha potuto seguire una delle vicende tristemente più iconiche del nostro paese.