Wellmania: ricominciare da sé
La comicità è donna, è il caso di dirlo e di esultarne facendo riferimento alla serialità degli ultimi anni: Phoebe Waller-Bridge, Michaela Coel, Katherine Ryan e Celeste Barber, sono tra le più note, irriverenti ed esilaranti creatrici di show che, attraverso la commedia – anche scorretta – mettono in scena una puntuale e lucida riflessione sull’attualità, sulla donna e sul suo ruolo nella società. Celeste Barber, australiana, nota ai più per la sua parodia di scatti che ritraggono celebrità e modelle, diventata virale su Instagram, è la protagonista di una nuova serie Netflix, Wellmania, ulteriore mattoncino per la costruzione del “monumento” al nostro presente, in cui tutto è maschera e apparenza.
Olivia “Liv” Healey (Celeste Barber) è una nota food writer sulla quarantina che vive un’esistenza sfrenata e sregolata nella New York che le ha permesso di coronare il suo sogno di successo. Il ritorno in Australia, in occasione del compleanno della sua migliore amica, sarà l’inizio di un radicale cambiamento che parte dal fisico e si rifletterà sulla mente.
Liv rimane bloccata in Australia poiché, a seguito di uno svenimento, le analisi di routine condotte in ospedale rilevano parametri instabili che non le permettono di riottenere la green card necessaria per espatriare: la donna deve dunque prendersi cura del suo corpo, cambiare stile di vita, alimentazione e abitudini. Quella che parte come una forte critica all’ossessione per la wellness e ai suoi metodi spesso eccessivamente invasivi è il punto di partenza per una profonda analisi di ciò che gli individui mostrano e di ciò che in realtà sono, di come i primi millenials siano stati i fomentatori dell’ossessione per l’apparenza, la riuscita sociale e il successo, di come il lavoro – incalzante, intensivo e senza orari, se vuoi diventare qualcuno che conta – abbia distolto l’attenzione per la cura del sé. Mens sana in corpore sano. Ed è proprio mentre Liv inizia a prendersi cura del suo corpo che si manifestano e vengono a galla i suoi traumi, tutto l’irrisolto con il passato, l’elaborazione del lutto e il dolore da cui, come spesso capita ai giovani, è fuggita mettendo chilometri e chilometri di distanza tra l’origine del proprio disagio e la nuova vita a cui si vuole appartenere come vincenti.
Wellmania, otto episodi da mezz’ora circa, non ha bisogno di puntare sulla straordinarietà, sulla regia e neppure sulla trama, sono l’ironia e la centralità della performance attoriale a dare corpo ad un prodotto sfaccettato: ironico e tagliente, spassoso e profondo, proprio come la Liv Healy che potrebbe essere sorella di Fleabag, ma anche di Carrie Bradshaw, che la stupida fa, ma non lo è, che si mostra cangiante a seconda della situazione in cui si trova. La moltitudine di colori che indossa, la sua irruenza e sfacciataggine sono armi di difesa per poter stare al mondo senza sentirsi calpestata. La paura del confronto, del ritorno a casa e della vita in famiglia – vista come il massimo fallimento possibile – la accomuna alle donne di Baumbach e alle Lady Bird cresciute che, per tornare a brillare, hanno bisogno di crescere e di accettare le loro fragilità e imperfezioni fino a farne degli inossidabili punti di forza. Sono dunque gli estremi, le manie di ogni genere, manifestate sotto ogni forma, ad essere condannate in quanto incapaci di garantire la serenità, l’equilibrio ed il tempo da dedicare a se stessi.