Black Mirror 6: verso nuove narrazioni

 
 

Quattro anni dopo la quinta stagione di Black Mirror (Netflix), la serie è fisiologicamente mutata. Il rapporto tossico e mortifero tra uomo e tecnologia, componente essenziale della riuscita e del successo della serie antologica creata da Charlie Brooker sembra essersi evoluto in qualcosa di più profondo e all’apparenza meno inquietante. Se nelle precedenti stagioni erano i dispositivi tecnologici e i mezzi all’avanguardia la causa scatenante di una certa distopia e di un malessere sociale proprio del futuro dell’uomo, ora, per Brooker, è l’uomo stesso ad essere la causa dei suoi mali.

Lo sguardo verso il futuro distopico ora volge verso altre direzioni: il passato e il presente. Complice, con molta probabilità, la pandemia di Covid-19, la scrittura di Black Mirror esplora altri orizzonti soffermandosi sulle sfaccettature dell’agire dell’uomo e sui risvolti negativi che esso comporta. Ogni episodio affronta quindi varie vicissitudini strettamente legate alla realtà di un presente che ben conosciamo. Joan è terribile e l’utilizzo del deepfake come alternativa alla realtà. Loch Henry e l’attrazione morbosa dell’industria televisiva verso i crimini più tremendi del passato e del presente. Beyond the Sea e gli effetti dell’isolamento, nonché dell’atrofizzazione degli affetti. Mazey Day e il lato oscuro della oggi veneratissima cultura pop anni Duemila, cioè il mestiere del paparazzo (anticipatore, tra l’altro, di una tendenza del condividere qualunque cosa della propria vita privata). Demon 79 e gli impulsi di violenza come conseguenza di una classe politica poco attenta alle diversità e alle esigenze della classe lavoratrice.

Come già accaduto nella quinta stagione (2019) assistiamo a varietà e commistione di generi, dal thriller alla commedia (quindi con un finale positivo effettivamente inusuale per la serie), dalla fantascienza all’horror. Scelte narrative che portano a sospettare che ci sia una discontinuità e un po’ troppo poco equilibrio nel voler dichiarare una nuova “identità” di Black Mirror, fortemente mutata sì, anche se ciò non significa che la serie in sé non abbia più nulla da dire. Potrebbe essere molto interessante la trasformazione di Black Mirror in Red Mirror, un progetto parallelo più pulp e intenzionalmente ispirata ai prodotti horror anni Settanta. Demon 79 si presenta con la dicitura “Red Mirror presents”: assente la componente tecnologica, si lascia spazio al fantastico, al supernaturale e alla vendetta spietata. Qualcosa di molto diverso dagli episodi precedenti che lascia abbastanza interdetti, ma anche curiosi di sapere se e come Brooker intende sviluppare questa “costola” di Black Mirror. Quel che è certo è che una volta preso il timone di Red Mirror, Black Mirror non avrebbe più senso di esistere.

Benché Black Mirror abbia esaurito le sue intenzioni di “monito” sul cattivo rapporto tra uomo e tecnologia (di fatto, ci siamo dentro da un pezzo), è sensata la sua evoluzione verso altre tendenze e verso altre forme di narrazione. Un finale di stagione che anticipa dell’altro, forse storie di estrema violenza e omaggi alla serialità del passato. D’altronde il finale di Demon 79 lo dichiara molto bene: la fine dell’umanità verso qualcosa di ignoto.

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