Intervista a Francisco Saia: regista poliedrico tra cinema e streaming
Francisco Saia, classe ‘98 e savonese di origine è uno dei dieci registi più premiati al mondo e il nono più giovane ad avere diretto un lungometraggio.
Il suo più recente successo, l'adattamento cinematografico all'omonimo libro di Patrizia Vicari Il ladro di stelle cadenti, è stato presentato a luglio in apertura alla 70esima edizione del Taormina Film Festival con un cast con nomi tra i quali Daniel McVicar ed attori emergenti del cinema italiano come Leandro Baroncini e Jacopo Rampini. La sua fama si estende a collaborazioni con personalità del calibro di Russel Crowe e Susan Sarandon, Alec Baldwin, Angelina Jolie e celebri italiani come Giancarlo Giannini, Christian De Sica, Neri Parenti, Tullio Solenghi. Attualmente, sta lavorando alla distribuzione del suo ultimo film sul territorio ligure. Ho avuto modo di intervistarlo e di fargli qualche domanda sulla sua esperienza come regista e nel mondo delle piattaforme streaming.
Sei passato attraverso vari generi: dal cortometraggio, all’animazione, all’adattamento cinematografico di un libro. Per un regista è importante essere camaleontico più del trovare il suo stile?
Mi sono sempre definito un regista poliedrico: mi piace passare da un genere all'altro e penso sia una carta vincente. Io stesso mi ispiro a grandi cineasti caratterizzati da stili molto diversi fra loro prendendo ciò che amo di più dallo stile di ciascuno andandone a creare uno mio, unico e inimitabile. Ogni regista dovrebbe essere camaleontico, abbandonare l'idea di target e realizzare film aperti a tutti, ad ogni tipo di pubblico, compresi e riferiti a ogni genere di età, sesso, pensiero e appartenenza culturale.
Le piattaforme streaming sono state il trampolino di lancio dei tuoi primi progetti, secondo te, oggi quanta risonanza hanno?
Un cineasta può emergere in qualsiasi forma e grazie a qualsiasi distribuzione, questo è indifferente. Posso però dire che per un giovane cineasta giocano un ruolo fondamentale e sono un'ottima opportunità di visibilità e di spazio. Negli ultimi tempi moltissime piattaforme, anche le più importanti, stanno mostrando un buon livello di apertura nei confronti del cinema indipendente. Solitamente per un regista emergente indipendente è difficile esordire con una distribuzione in sala, ma ho constatato con piacere che vi sono moltissime piattaforme streaming, specialmente in America, che sostengono i registi indipendenti e i loro progetti. I miei primi due lungometraggi Boccaccio 2020 e Dalì 2021 vennero distribuiti su Opprime Tv, una piattaforma americana indipendente e inoltre il mio Abraham, caricato sul mio canale Youtube, dopo il successo internazionale venne acquistato da Prime Video.
Secondo te quali possono essere le caratteristiche che rendono più popolare lo streaming rispetto alla visione degli spettacoli al cinema?
Sono più funzionali perché più comode per lo spettatore che in casa ha la possibilità di fermare la pellicola o la serie più volte quando preferisce, di prendersi una pausa. Ad alcuni piace organizzare dei piccoli party cinematografici, gruppi di appassionati si organizzano per vedere un film e si radunano nella casa di qualcuno. Una volta magari i cineforum si organizzavano in luoghi al di fuori della casa, tra cinefili, però il mezzo erano le VHS, le videocassette, il DVD. Adesso invece i mezzi sono cambiati e si predilige la comodità.
Siamo abituati a contenuti immediati, a un tipo di vita, di informazione più frenetica. E' difficile “stare al passo” con lo spettatore moderno?
Lo spettatore moderno è colpito da un mix di elementi. Viviamo in una società dove sembra che quasi tutti siano dipendenti dagli smartphone e dai social e questi elementi hanno causato l'abbassamento medio della soglia di concentrazione delle persone, come se dovessero ricevere continui stimoli.
Cosa apprezzi ed eventualmente cosa non prediligi della distribuzione su canali televisivi di prodotti che una volta si potevano vedere esclusivamente nelle sale?
In primis apprezzo il fatto che le piattaforme streaming abbiano frenato la pirateria illegale che girava su web nei primi anni 2000; devo ammettere che bene o male quasi tutte le piattaforme streaming offrono una vastissima gamma di film e serie tv, pagando una modica cifra mensile o annuale. Un altro aspetto che apprezzo molto della distribuzione streaming è che ha permesso a molti paesi extra anglofoni, tra cui la stessa Italia, di espandere i propri prodotti audiovisivi a livello internazionale difatti molte produzioni originali come Netflix offrono un vasto servizio di doppiaggio in molte lingue. I nuovi canali riescono a rendere giustizia e dare nuova vita a serie televisive degli anni 80, 90 e 2000, in questo modo riescono anche a farle conoscere alle nuove generazioni. Purtroppo però sono cambiati i parametri, i canoni narrativi e tempistici dei prodotti audiovisivi, in particolare delle serie. Non condivido, il modo in cui vengono distribuite le stagioni, la durata e il numero dei singoli episodi e il modo in cui un soggetto viene trasposto in una serie tv specialmente se si tratta di un soggetto non originale: gli standard delle serie TV, delle piattaforme, prediligono prendere il soggetto di una storia e narrare nella stagione soltanto metà o ancora peggio un terzo della storia, rimanendo incompleta. Stagioni con pochissimi episodi, ma di durata lunghissima quasi da lungometraggio cinematografico.
Il “tanto lo guarderò quando uscirà su Sky” si sta pian piano sostituendo alla visione in sala?
Non una sostituzione, ma un'alternativa. Viviamo in una società di continuo progresso multimediale e proprio per questo vi è spazio per entrambi. Si può dire che funzionino come un archivio ed in qualche modo custodiscano un “video patrimonio”.