Fubar: il debutto seriale di Arnold Schwarzenegger

 
 

In questi giorni ha fatto capolino su Netflix Fubar, la prima serie con Arnold Schwarzenegger come protagonista (nonché coproduttore). Fubar, ideato da Nick Santora, si presenta come uno spy drama con elementi comedy, mescolando situazioni alla Una Pallottola Spuntata, M*A*S*H o Poliziotti fuori, tanto per fare dei nomi, a serie investigative come NCIS. In breve ci ritroviamo a seguire le vicende di padre e figlia, Luke ed Emma Brunner (Monica Barbaro), che scoprono di lavorare entrambi per la CIA e di dover collaborare per fermare Boro, uomo senza scrupoli che, come nella migliore delle tradizioni, minaccia il mondo con un ordigno nucleare in miniatura. FUBAR è un acronimo per Fucked Up Beyond All Repair (o Recognition) traducibile come “Fregati senza possibilità di scampo”, e il nome vorrebbe essere un’indicazione di come i personaggi si ritroveranno spesso, sia nella vita reale che nel lavoro, con le spalle al muro.

Fin dal titolo è chiara la voglia dei produttori di utilizzare un linguaggio giovane per attrarre un pubblico variegato andando talvolta anche nella scurrilità o nell’esplicito. Complice forse anche l’adattamento italiano non sempre eccezionale, questa scelta non è stata molto felice e le varie battute e situazioni stancano molto facilmente e strappano solo qualche vago sorriso. I personaggi, sia principali che di contorno, non riescono, nonostante gli sforzi, a superare lo status di macchiette. Il loro background non solo è banale, ma viene gettato addosso agli spettatori in momenti spesso inopportuni, spezzando il ritmo e l’azione senza motivo. Difficile affezionarsi a loro e riuscire ad avere empatia durante le varie disavventure.

Fubar sembra avere un evidente problema a livello di budget, le scene di azione sono minime e poco spettacolari e la maggioranza delle scene sono girate in luoghi chiusi. Oltre a questo, esplosioni ed effetti speciali latitano, le cose vengono più raccontate che fatte. Questo è un problema perché il registro della serie promette scene spettacolari. La maggior parte degli episodi è legata alla pianificazione nel quartier generale o a litigi tra i vari comprimari più che a sparatorie e scazzottate. Questo elemento potrebbe sembrare secondario, ma se parliamo di una serie con Schwarzenegger le aspettative sono ben altre. L’ormai 75enne attore austriaco appare piuttosto rigido nei movimenti e non si ritrova praticamente mai a dover combattere. Al suo posto abbiamo Monica Barbaro, che nei panni della figlia di Brunner interpreta la maggioranza delle scene fisiche.

Fubar ha una narrazione frettolosa, spiccia e poco stratificata. Sembra di vedere un vecchio telefilm che si è tentato di rendere al passo con i tempi con cliffhanger poco riusciti al termine di ogni episodio e un linguaggio giovanile, ma senza successo. La stessa moglie di Brunner è un personaggio vecchio, la classica casalinga ingenua incapace di prendere decisioni assennate. Molto all’interno della serie è dedicato al rapporto padre-figlia, ma la relazione è affrontata in maniera confusionaria arrivando spesso a conclusioni opposte e contraddittorie all’interno dello stesso episodio. Fubar pecca nella gestione dei sentimenti, nascondendosi dietro la multiculturalità della famiglia e dei rapporti amicali, ma con stereotipi macchiettistici.

Nonostante questa sfilza di elementi negativi, Fubar non è una serie completamente da buttare e ha dalla sua il fatto di intrattenere in maniera leggera e spensierata. Le atmosfere ricordano a tratti quelle di alcune serie tedesche o austriache come Squadra speciale Cobra 11, che aveva però delle stagioni a più ampio respiro condite da lunghi inseguimenti, esplosioni e momenti di introspezione più riusciti. Forse Fubar paga il fatto di trovarsi a metà tra il vecchio e il nuovo, nel tentativo di portare avanti una storia organica da una parte, ma con un modus operandi che sembrerebbe più legato al mondo degli episodi autoconclusivi che a quello di oggi.

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