Gomorra: dieci anni dopo

 
 

Dieci anni fa, nel 2014, aveva inizio l’epopea di Gomorra – La serie (Sky Atlantic, 2014 – 2021), serie che negli anni successivi avrebbe fatto molto parlare di sé e sarebbe entrata di diritto tra i migliori esempi di serialità televisiva contemporanea. Nel corso delle sue cinque stagioni, Gomorra ha collezionato il plauso della critica e l’affetto del pubblico ed ha circolato con successo anche nel resto del mondo, contribuendo a settare uno standard internazionale per la serialità televisiva italiana: si pensi che nel 2019 il New York Times l’ha inserita al quinto posto tra le trenta migliori serie degli anni 2010. Giunti a dieci anni dal suo inizio, godendo di una distanza temporale che ci consente di essere un po’ più oggettivi, è necessario tirare le somme su cosa ha significato Gomorra per la televisione italiana.

Se Gomorra è stata così innovativa per la nostra televisione è perché è nata in un contesto di grande innovazione e sperimentazione. Prima di essa, Romanzo criminale – La serie (Sky Cinema 1, 2008-2010) aveva stabilito il modello di produzione di Sky Italia, distante da quello della televisione generalista e debitore dell’esperienza americana. Era un modello esplicitamente industriale, che introduceva la figura dello showrunner nella televisione italiana e lavorava su narrazioni complesse. Gomorra ha ripreso quel modello, dando forma, come nel caso di Romanzo criminale, ad un brand transmediale che coinvolge anche cinema e letteratura. Tutto inizia con il romanzo di Roberto Saviano del 2006, in cui l’autore racconta la Camorra e il suo modus operandi, con un grado di dettaglio e attendibilità che lo avrebbero poi costretto a vivere sotto scorta. Dal romanzo viene tratto l’omonimo film del 2008 di Matteo Garrone, il cui successo e i riconoscimenti internazionali suggeriscono l’idea per una serie

A guidare la produzione è Cattleya, casa di produzione che negli anni sarebbe diventata punto di riferimento per il genere crime in Italia. Il ruolo di showrunner è invece affidato ad un’altra figura chiave di Romanzo criminale, Stefano Sollima. Riappropriandosi dell’approccio industriale che aveva caratterizzato la serie precedente, Sollima dà vita ad un’opera che si spinge ancora più in là: Gomorra è da subito una serie estremamente complessa, sia sul piano della narrazione sia su quello dell’impatto presso il pubblico. È ben noto che Gomorra ha suscitato molti dibattiti pubblici intorno alla rappresentazione che fa della violenza e dell’immagine che dà di Napoli. Quest’attitudine a generare dibattito appare però connaturata nella serie stessa: Gomorra mette in scena un mondo in cui la violenza e il cinismo coinvolgono chiunque, anche i protagonisti, rendendo estremamente difficile un’immedesimazione o anche solo un riconoscimento in essi. Sulla scia di titoli di successo come I Soprano (HBO, 1999-2007) e Breaking Bad (AMC, 2008-2013), Gomorra mette i criminali al centro del racconto ed esclude completamente dalla narrazione le forze dell’ordine e qualunque altro oppositore morale alla ferocia dei protagonisti. Il tutto è senz’altro acuito dalla messa in scena realistica, data dalle ambientazioni reali e dall’uso del dialetto, nonché dal costante dialogo con l’attualità del Paese.

La cura formale, la complessità narrativa e il fascino insito in queste trame criminali rendono presto Gomorra un titolo popolare, con una fanbase vasta ed eterogenea, ed elevano l’opera al di sopra della produzione seriale italiana. Certo, come ogni serie lunga anche Gomorra ha finito per scontentare il pubblico, soprattutto per quanto riguarda la gestione del personaggio di Ciro Di Marzio (Marco D’Amore), tra la terza e la quinta stagione: ucciso nel finale della terza stagione, il personaggio si scoprirà essere sopravvissuto e tornerà nella stagione finale per la resa dei conti con Gennaro Savastano (Salvatore Esposito). Anche il finale stesso si rivela molto divisivo: si tratta, tuttavia, di un finale coerente con la posizione assunta dal racconto. La rapida morte dei due protagonisti per mano di un killer senza volto rappresenta l’iniquità di queste vite criminali, la cui gloria illusoria ha come contrappunto un destino inevitabile e tutt’altro che eroico.

A dispetto di eventuali malcontenti, Gomorra è ancora oggi un titolo ricordato e apprezzato, merito anche del suo tessuto transmediale, che lo rende uno dei pochi franchise transmediali italiani di successo. Nel 2019, ad esempio, è uscito al cinema L’immortale, film spin-off diretto da Marco D’Amore che segue le vicende di Ciro tra la terza e la quinta stagione, alternandole al racconto del suo passato come giovane delinquente nella periferia napoletana. In questo modo il film non solo fa da ponte tra le stagioni, ma contribuisce a dare solidità all’universo narrativo.

Ma perché Gomorra è così importante nel panorama della serialità italiana? In parte si è già risposto, Gomorra ha continuato la strada di Romanzo criminale verso una serialità italiana più ambiziosa, internazionale e complessa, in opposizione con la fiction generalista. Questo modello, però, ha indotto un mutamento nella televisione nel suo insieme, spingendo anche i canali generalisti a produrre titoli di fattura internazionale - come, ad esempio, L’amica geniale (Rai 1/HBO, 2018 -). Gomorra ha anche imposto un’estetica per tante narrazioni crime che sono arrivate dopo, non solo in televisione, ma anche al cinema. Basti ricordare Suburra – La serie (Netflix, 2017-2020), ma anche il film che l’ha ispirata, Suburra (Stefano Sollima, 2015), chiaramente influenzati dalla serie Sky. E si pensi anche all’influenza su un titolo come Mare fuori (Rai 2, 2020 -) e su titoli di nicchia come The Good Mothers (Disney Plus, 2023), Bang Bang Baby (Amazon Prime Video, 2022) e The Bad Guy (Amazon Prime Video, 2022 -). Non solo Gomorra ha ispirato questo tipo di produzioni, ma ha anche formato professionalità che hanno poi caratterizzato questo genere: la serie si è rivelata, quindi, un’autentica scuola, che ha contribuito ad un ricambio generazionale all’interno dell’industria audiovisiva italiana. Per tutte queste ragioni, al di là del giudizio individuale, Gomorra resta uno dei titoli più importanti della televisione italiana contemporanea, il cui esempio riecheggia ancora nelle produzioni di oggi.

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