Harlem 2- Identità e rappresentazione
Nelle otto puntate della seconda stagione di Harlem, ora interamente disponibile su Prime Video, ritroviamo le quattro protagoniste Camille, Tye, Angie e Quinn alle prese con le loro vicende esistenziali e relazionali, tra drammi, gioie e nuove consapevolezze.
Come già si poteva notare dalla prima stagione, Harlem è a tutti gli effetti una versione contemporanea dell’iconica Sex and the City: quattro amiche con caratteri diversi, ma accomunate da un forte legame – nonché da una tendenza estetica all’apparire sempre glamour – condividono esperienze e sentimenti riguardo la loro sfera personale, professionale e soprattutto relazionale. In questo caso, però, le quattro protagoniste sono nere e vivono ad Harlem, quartiere storicamente afroamericano a nord di Manhattan.
Harlem, dunque, si connota a tutti gli effetti come una serie romantica, ma che vuole anche trasmettere certi messaggi come l’importanza dell’emancipazione femminile, e nello specifico quello delle donne nere, svantaggiate per lungo tempo – e ancora oggi – non solo per il fatto di essere donne, ma anche per il colore della loro pelle. Le protagoniste, infatti, seppur con carriere molto eterogenee e dopo diverse peripezie, trovano una loro personale e felice realizzazione professionale.
Molto di più che nella prima stagione, il tema preponderante è quello dell’identità e il diritto e il dovere di esprimerla. Attraverso i perigli delle protagoniste, nel corso della serie si assiste alla loro crescita personale e relazionale e all’acquisizione di nuove consapevolezze, il tutto mutuato da una costante riflessione sull’identità. Identità nera, femminile, sessuale, culturale. Il messaggio di fondo della serie è proprio che le persone – e in particolare le donne nere – debbano andare fiere di ciò che sono e di come si sentono, senza vergogna e, anzi, esprimendosi il più possibile. Non a caso, infatti, l’ultimo episodio è dedicato alla Black Joy, che per gli individui appartenenti alla comunità nera consiste nella capacità di rintracciare un nutrimento positivo dentro di sé e negli altri, una gioia di esprimersi appunto, che rappresenta un luogo sicuro e curativo in risposta ad esperienze razziste traumatiche e devastanti.
Una serie come Harlem, seppur proponendo stilemi narrativi tutt’altro che originali, riesce comunque a mettere in luce la questione dell’identità interrelata a quella della rappresentazione, anche e proprio attraverso l’espediente della Black Joy: quando le persone vivono in un mondo che le svaluta perché sono nere e respinge i loro contributi alla società, la “gioia nera” è ancora uno strumento efficace che permette a individui e gruppi di spostare l'impatto di narrazioni ed eventi negativi a loro favore.
Harlem 2 si connota come un prodotto interessante e perfettamente al passo con i tempi che, sebbene mantenga saldo il suo scopo di intrattenere, a tratti riesce a raggiungere l’obiettivo di trasmettere messaggi positivi e di inclusività. “A tratti” perché comunque, coerentemente allo stile scelto per la serie, le protagoniste sono pur sempre immerse in un contesto glamour e agiato, dove non esiste la necessità di un vero e proprio riscatto. In ogni caso, i momenti di puro svago e di facile immedesimazione per le spettatrici possono diventare un’occasione di riflessione su come ancora oggi certe categorie di persone, soprattutto bianche, siano più privilegiate di altre.