Luther: Verso l’inferno - Lo spettro della vergogna

 

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Se questa prospettiva vi mette paura, non siete i soli. È su questa paura che si basa Luther: Verso l’inferno, il nuovo film di Netflix, in cui Idris Elba veste nuovamente i panni dell’omonimo ispettore interpretato nelle cinque stagioni della serie BBC. La trama e i suoi elementi non si discostano in maniera significativa dalle convenzioni del genere in cui il film si inserisce, un misto tra il thriller e l’action, con qualche incursione nel genere horror. Il protagonista si trova a dare la caccia a uno psicopatico serial killer (il riferimento forse più vicino, anche se di livello decisamente diverso, è Seven) che mette in atto un gioco perverso con le proprie vittime (qui invece non si può non pensare alla saga di Saw) e con lo stesso Luther, a sua volta braccato dalla polizia.

L’ambientazione in una Londra notturna, underground, dalle atmosfere simili alla Gotham di Nolan, aiuta a creare un clima di tensione costante, portato avanti da una messinscena e un montaggio perfetti per lo scopo. Peccato per i dialoghi non sempre brillanti, che rischiano di spingere lo spettatore fuori dall’azione, che per il resto è molto riuscita, e fa perdonare certe incongruenze ed esagerazioni, peraltro comuni nel genere action.

Il vero punto di interesse, che inserisce Luther: Verso l’inferno in una riflessione per nulla superficiale sulla realtà contemporanea, è proprio la scelta di narrativizzare l’inquietudine che portano con sé i nuovi media digitali, la loro onnipresenza nella nostra quotidianità. Non è la prima volta che le paranoie riguardo i dispositivi elettronici vengono messe in scena, ma se, dalla malvagia intelligenza artificiale di 2001: Odissea nello spazio al dispositivo sensoriale di Strange Days, queste paranoie sono state spesso declinate in scenari distopici e improbabili, in Luther: Verso l’inferno la realizzazione è terribilmente verosimile, con riferimenti pericolosamente reali, primo fra tutti il dark web.

Ma ancora più importante è l’intuizione di base del film, ossia che la nostra società è sempre stata, e forse oggi ancor di più, una società della vergogna. La società occidentale ha vissuto per anni mentendo a sé stessa, pensando di essere una società della colpa, in cui l’azione dell’individuo è guidata dalla propria coscienza e dalla legge. La verità mostrata dal film è però ben diversa e ci mette davanti alla realtà che non sono solo il giusto e lo sbagliato a guidarci, anzi, è molto più forte lo spettro del giudizio altrui. Ecco perché, anche se non avete fatto nulla di illegale o moralmente deplorevole, un brivido vi scorre lungo la schiena al pensiero di avere i vostri piccoli segreti mostrati al mondo. Perché l’imbarazzo, la vulnerabilità e la vergogna alle volte possono essere più intollerabili di qualsiasi ferita.

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