Makanai

 

Dopo Le buone stelle – Broker, presentato al Festival di Cannes nel 2022, l’acclamato regista giapponese Hirokazu Kore'eda entra nel novero dei grandi autori che negli ultimi anni hanno ceduto al fascino delle piattaforme streaming, realizzando per Netflix la serie di nove episodi The Makanai. Cooking for the Maiko House

Dalla Corea del Sud, dove è ambientato il suo ultimo lavoro, Kore’eda torna di nuovo in Giappone, nel luogo affascinante e ricco di storia di Gion, il quartiere di Kyoto dove vivono e lavorano le famose geishe, artiste che si dedicano alla musica, al canto e alla danza tradizionali. La serie si concentra sulla storia di Kiyo e Sumire, due amiche adolescenti che decidono di diventare maiko, ovvero apprendiste geiko (che nel dialetto di Kyoto significa geisha). A tale scopo partono dalla loro città natale e si trasferiscono in una casa di geishe (in giapponese okiya), casa Saku, abitata da altre giovani donne e gestita dalla okaa-san (madre) Azuma. In questo contesto, che sembra al di fuori dello spazio e del tempo (emblematico il divieto dell’utilizzo del cellulare), le due ragazze troveranno una nuova famiglia e la loro strada. Sumire, estremamente capace, seguirà il percorso per raggiungere lo stato di maiko, mentre Kiyo scoprirà il suo talento per la cucina, diventando una makanai, la persona che si occupa di preparare i pasti all’interno dell’okiya e da cui la serie prende il titolo.

Una delle tematiche centrali è il cibo, elemento attraverso il quale la protagonista Kiyo trasmette tutto il suo amore per le persone a cui tiene e che rappresenta in tutto e per tutto la sua personalità genuinamente altruista. La soddisfazione di Kiyo deriva infatti dal constatare che i suoi piatti fanno gioire e rievocare ricordi piacevoli a coloro che li gustano, tanto che lei stessa arriva ad affermare: «Io sto bene perché stanno bene tutti». Del resto se si pensa al cinema giapponese contemporaneo (ma non solo) il cibo ha una simbologia molto specifica, un valore familiare e un legame con i ricordi e le radici di ognuno, che è evidente in molti film come Le ricette della signora Toku (2015) di Naomi Kawase, Little Sister (2015) dello stesso Kore’eda, in tutti gli anime di Hayao Miyazaki, fino a Midnight Diner, serie di Joji Matsuoka del 2009, rinnovata proprio da Netflix nel 2016.

Il regista, inoltre, sviscera qui il concetto di famiglia, come in tutti i suoi lavori precedenti, ma la maggiore lunghezza della forma seriale gli consente di andare ancora più a fondo e di scandagliare i più piccoli dettagli della vita quotidiana di un nucleo familiare non convenzionale, unito più da vincoli affettivi che di sangue. Sono rappresentati tutti gli aspetti dei rapporti umani familiari, sia funzionali sia disfunzionali: pur essendo all’apparenza tutti nutriti da buoni sentimenti, i personaggi presentano malesseri e fragilità. In Makanai, rispetto alle altre opere di Kore’eda, la parte più cruda della vita è meno esposta, meno evidente, ma non per questo non presente: ciascun personaggio ha un motivo di disagio o frustrazione, sempre legato alle relazioni. Però, come sempre, grazie soprattutto all’interazione con gli altri esseri umani, ogni persona trova una risoluzione o una consolazione alla propria sofferenza.

L’estrema umanità dei personaggi si rispecchia poi in una rappresentazione – anche visiva – di un Giappone contemporaneo ancora legato alle tradizioni, che però stanno scomparendo e si stanno snaturando. La società cambia, il concetto di famiglia cambia e ne vengono legittimati anche tipi non convenzionali, nonostante a Gion sembri essere tutto antico come un tempo, tutto immobile e perfetto come i visi di porcellana e i kimono coloratissimi delle giovani novizie. Ad esempio, Kore’eda riesce impeccabilmente a rendere la fusione della tradizione con la modernità nell’ottavo episodio: l’omaggio cinefilo a George A. Romero diventa il pretesto affinché la geiko Momoko, ispirandosi ai movimenti degli zombie in La notte dei morti viventi (1968), riesca a svecchiare il mondo apparentemente chiuso e statico di Gion. 

Makanai, insomma, è una storia di una famiglia non convenzionale, ma soprattutto è una storia d’amore e di tutte le sfaccettature che l’amore può comportare nelle relazioni, e chi meglio di Kore’eda avrebbe potuto rappresentare qualcosa di così profondamente umano?

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