No good Deed - Case da incubo

Mentre il palinsesto televisivo propone strade facilitate per trovare la casa dei propri sogni (magari con l’aiuto degli esperti di Case a Prima Vista), Netflix mostra come talvolta anche una sontuosa e luminosa villa spagnola stile anni 20’ possa diventare un luogo da incubo. In No Good Deed, la nuova comedy firmata da Liz Feldman, i coniugi Paul (Ray Romano) e Lydia (Lisa Kudrow), lui un impresario e lei una pianista, sono pronti - almeno così dichiarano - a vendere la loro amata dimora per risanare dei debiti e fuggire dai loro demoni, ma prima vogliono assicurarsi che i futuri proprietari ne siano all’altezza. Alla loro porta, accompagnati da un loquace agente immobiliare (Matt Rogers) si presentano tre coppie molto agguerrite, che vedono la villa come l’unico mezzo possibile per realizzare i propri sogni o anche solo per salvare una relazione romantica dal fallimento. 


Dopo aver provato - e fallito - ad avere un bambino tramite la fecondazione in vitro, Leslie (Abbi Jacobson) e Sarah (Poppy Liu) hanno sufficienti risparmi per provare ad acquistare la casa che vedono sempre durante le loro passeggiate, ma le due donne hanno idee molto diverse sul loro futuro insieme. Cara (Teyonah Parris) e Dennis (O-T Fagbenie), invece, stanno per diventare genitori e una suocera testarda rischia di minacciare il loro idillio. JD (Luke Wilson), l’ex star di una soap opera, vorrebbe più semplicemente trasferirsi, mentre la moglie Margo (Linda Cardellini) preferirebbe lasciarlo per fuggire con l’amante (Kate Moenning).

No Good Deed soffre di un difetto tipico di molte serie nell’era dello streaming, che nel suo caso diventa una pena capitale: ha il numero sbagliato di episodi per la storia che vuole raccontare. Con soli otto episodi di appena la mezz’ora l’uno (il più lungo, il finale, è di 39 minuti) a disposizione, Liz Feldman fatica a seguire con attenzione un gruppo così folto e disomogeneo di personaggi. 

Ogni coppia vive in un universo narrativo a sé stante: se la vicenda personale di Paul e Lydia assomiglia a un thriller e Margo e JD sembrano una parodia di Sex and The City, le vicissitudini in cui incorrono Cara, Dennis, Leslie e Sarah son molto più ordinarie, tra parenti invadenti e idee diverse sul futuro. La serie tuttavia non sceglie mai un approccio corale e non dimostra alcun interesse ad approfondire i personaggi al di fuori Paul e Lydia (un’accoppiata attoriale geniale qui totalmente sprecata), la cui natura usa-e-getta a seconda delle esigenze narrativa li porta a sparire per interi episodi senza alcuna conseguenza.


Troppo poco divertente per essere una comedy e troppo poco misteriosa per essere un giallo, No Good Deed è una telenovela nata nell’era del binge watching: come lamenta JD nell’ultimo episodio in uno sfogo curiosamente metanarrativo, a una trama coerente la serie preferisce “una rivelazione dietro l’altra e neanche mezza è buona”. 


Se i colpi di scena continui sono un meccanismo efficace per portare lo spettatore a cliccare sull’episodio successivo (specialmente se la durata degli episodi è contenuta come in questo caso), una volta esaurito l’effimero brivido ciò che rimane è una blanda disamina di quella che in in Italia definiremmo “famiglia del Mulino Bianco”, qualcosa che la stessa Liz Feldman ha realizzato in modo molto più efficace in Amiche da morire - Dead to me, il suo precedente progetto per Netflix. 

No Good Deed schiva con attenzione ogni possibile implicazione politica e sociale che la guerra immobiliare iniziale potrebbe suggerire per concentrarsi solo sui segreti indicibili della medio-borghesia americana (quello che fa ogni serie con Nicole Kidman, da Big Little Lies a The Perfect Couple). Un ensemble composto da alcuni dei migliori attori comici in circolazione non riesce a impedire alla serie di cadere a pezzi pian piano, episodio dopo episodio, fino ad arrivare a un ultimo colpo di scena insoddisfacente che rischia di aprire le porte a una possibile ma inutile seconda stagione.

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