Squid Game dove eravamo rimasti: prepariamoci per la seconda stagione

Con la seconda stagione di Squid Game alle porte abbiamo pensato fosse il caso di preparare un articolo dedicato alla prima che era uscita prima della creazione di Streamofilia. Inutile girarci intorno, da quando è arrivato su Netflix è nata una vera e propria tendenza che ha aperto il mercato delle serie coreane in tutto il mondo. Hwang Dong-hyuk ha realizzato il prodotto perfetto da questo punto di vista perché ha un’impronta per certi versi molto occidentale pur mantenendo forti riferimenti culturali del proprio paese. Dopo la Guerra di Corea la Corea del Sud ha virato verso il capitalismo e la società andata trasformandosi sempre più in una potenza economica. Tutto questo però ha portato a delle perdite da un punto di vista culturale, sociale e umano. Ora come ora la Corea del Sud è uno dei paesi a più basso tasso di natalità, con il più alto tasso di suicidi ed è vittima di un sistema che incentiva la lotta interna in nome di una presunta meritocrazia. Questo crea grossi scompensi nelle classi sociali e alla creazione di due estremi in cui da una parte ci sono i meritevoli e dall’altra gli inetti e relitti della società.

Squid Game si inserisce all’interno di questo contesto e presenta la vicenda di Seong Gi-hun, un uomo che vive da parassita (vedi Parasite di Bong Joon-ho disponibile su Prime Video) dopo essere stato scaricato dalla società a seguito del licenziamento dei dipendenti della ditta dove lavorava (riferimento alla reale e traumatica vicenda di SsangYong). Arrivato al limite, incapace di gestire i suoi debiti e le relazioni familiari, Seong Gi-hun si ritroverà a partecipare al gioco del calamaro mettendo la sua vita in gioco, insieme ad altri 455 concorrenti, in cambio della promessa di ottenere una cifra di denaro che gli permetterà di riprendere in mano la sua vita. Parliamoci chiaro, la trama non è particolarmente originale e si ritrovano elementi che possono rimandare ad opere giapponesi recenti come manga stile Gantz o film come Battle Royale di Kinji Fukasaku (Prime Video) ma anche libri e film di successo occidentali come Maze Runner (Disney+) e Hunger Games (Prime Video). Nonostante questo Squid Game presenta degli elementi interessanti proprio per la sua capacità di strizzare l’occhio al mondo occidentale mantenendo però la propria matrice culturale coreana.

All’interno dello Squid Game, ci si ritrova in una società disumanizzata e piramidale dove al vertice ci sono gli oligarchi, caratterizzati da maschere di animali e che sono presumibilmente occidentali (del resto è dell’occidente che è venuto il “male” capitalistico). Tra questi vi è il Front Man, il dirigente che gestisce il gioco e lo supervisiona. Seguono poi le guardie, caratterizzate da tre simboli OJM (rispettivamente cerchio, triangolo e quadrato), tre lettere che nell’alfabeto coreano rimandato a OJM ovvero il “gioco del calamaro”. Con il quadrato vengono indicati i dirigenti, con il triangolo i soldati armati e con cerchio i lavoratori. Ultimi sono i concorrenti che si ritrovano nella paradossale condizione di schiavitù volontaria, perché in qualsiasi momento (a maggioranza) possono decidere di interrompere il gioco. Questa eventualità torna più volte all’interno del gioco, ma la maggior parte dei concorrenti, che ormai ha perduto qualsiasi speranza nella vita reale, decideranno di pensare solo a loro stessi nella speranza di poter tornare, da vincitori, tra i meritevoli.

Alcuni dei personaggi, tra cui Seong Gi-hun, Alì, Oh Il-nam (in apparenza…) o Ji-yeong, decidono però di concorrere mettendo in campo la loro empatia, rompendo, quindi, gli schemi tradizionali del gioco. Di fronte al contesto di iper-violenza totalizzante che porta spesso alla spersonalizzazione e senso di autoconservazione, essi decidono di sacrificarsi o comunque di cercare di comprendere l’altro. Questo permette loro di restare nomi e non semplici numeri: Seong Gi-hun sembra avere ben chiara questa cosa fin da subito quando dice il suo nome e la sua origine a tutti. Questa caratteristica, questo pensare fuori dagli schemi porta alcuni dei personaggi a non essere semplici pedine nelle mani dei VIP senza scrupoli, ma di diventare artefici del proprio destino qualunque esso sia.

Dal finale di Squid Game tanti possono essere gli spunti narrativi e di riflessione. Non ci resta che aspettare e vedere!

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Squid Game 2: costruzione di una lotta contro il capitalismo e la società

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