Un piedipiatti a Beverly Hills - Axel F: la maturità di Axel Foley

 
 

Una delle “nuove” tendenze della cinematografia, ormai di fatto consolidata da anni, è quella di andare a ripescare nel passato saghe che hanno avuto la loro fortuna negli anni ‘80 e ‘90, dando vita a sequel decisamente fuori tempo massimo.

Fra queste non poteva mancare quella di Beverly Hills Cop, da noi conosciuta come Un piedipiatti a Beverly Hills, tragicamente interrotta dal fallimentare terzo capitolo diretto nel 1994 da John Landis che, tra i tanti difetti, si ricorda esclusivamente per la maturazione del personaggio protagonista, Axel Foley, e, come ci ricorda lo stesso regista, del suo interprete Eddie Murphy (“[...] Quindi, con Beverly Hills Cop 3, ho avuto questa strana esperienza in cui lui era molto professionale, ma semplicemente non era divertente. [...]”).

Questo quarto e non richiesto nuovo capitolo sceglie la strada furbetta e intelligente del citazionismo visivo, attraverso una regia che guarda chiaramente a quella dell’epoca, e fra i meriti annovera una serie di rivisitazioni della colonna sonora originale, attraverso lo straordinario lavoro di Lorne Balfe, del tiktoker Sunglasses Kid e del sassofonista/polistrumentista Tim Cappello, che negli anni ‘80 e ‘90 affiancò il lavoro della leggendaria Tina Turner.

Un piedipiatti a Beverly Hills: Axel F si fa poi così voler bene, con tutti gli elementi al posto giusto, che parlarne male al netto di una trama ridicola e scontatissima è davvero difficile. Eddie Murphy, rilanciato decisamente negli ultimi anni dal cinema in piattaforma con Dolemite is My Name e dall’altro sequel del novecentesco Il principe cerca moglie, si conferma un attore maturo così come lo diventerà nel corso di questo capitolo anche il suo personaggio; il ritorno insieme della storica coppia dei poliziotti interpretati da Judge Reinhold e John Ashton, entrambi dalla carriera tutt’altro che memorabile, colpiscono al cuore i nostalgici; la semisconosciuta Taylour Paige e i ben più noti Kevin Bacon e Joseph Gordon-Levitt, infine, svolgono il proprio compito con la giusta dose di serietà e divertimento.

Come poi mi è capitato di scrivere nel mio precedente articolo sul tema della nostalgia relativamente alle serie tv, Un piedipiatti a Beverly Hills: Axel F è esattamente un esempio perfetto di “nostalgia” ben eseguita, dato che ripropone in maniera quasi pedissequa precisi stereotipi che il vecchio spettatore dei capitoli precedenti si aspetta esattamente di rivedere rimessi in scena.

Il difetto principale resta, come già detto, l’impianto narrativo, davvero banale sotto ogni punto di vista, anche se bisogna essere onesti nell’ammettere che nemmeno i primi tre capitoli brillassero in maniera particolare sotto quell’aspetto.

È già poi noto che, piaccia o meno, arriverà un quinto capitolo e forse anche un sesto, dato che come confermato dallo storico produttore Jerry Bruckheimer hanno già un paio di storie in mente.  Al netto della simpatica operazione commerciale di questa quarta avventura, dietro cui oltre a Paramount Pictures c’è Netflix che distribuisce, dico, da umile abbonato, che eviterei tranquillamente.

Indietro
Indietro

Under The Bridge: gioventù BIC, bruciata e gettata via

Avanti
Avanti

Cobweb: tra matericità e immaterialità