A Family Affair: non un’altra stupida commedia americana (purtroppo)

 
 

Se il mondo è bello perché è vario, lo stesso si potrebbe dire del catalogo di produzioni originali Netflix, che alterna film e serie di altissimo spessore artistico a ciofeche che ti fanno pentire di aver perso ore di preziosissima esistenza.

È quello che si può dire di questo “A Family Affair”, scritto da Carrie Solomon e diretto da Richard LaGravenese (che vanta una candidatura agli Oscar per la miglior sceneggiatura per il bellissimo “La leggenda del re pescatore” di Terry Gilliam) e che racconta l'intreccio amoroso fra una star hollywoodiana, interpretata da Zac Efron, e la madre della sua assistente (Joey Lynn King), i cui panni sono indossati da Nicole Kidman.

Al netto dei gusti e delle sensibilità di ognuno di noi, il problema principale di questo film, che parte come una potenziale commedia degli equivoci per poi trasformarsi in una vicenda sentimentale dai toni a tratti seriosi, è proprio che non va in nessuna direzione e anche l’ambientazione all’interno dell’industria cinematografica è usata solo come uno sfondo incolore, sprecando così la possibilità di sfruttarne alcuni aspetti a fini comici.

Persino il tema della differenza di età che intercorre tra i personaggi e tra gli stessi attori, che a un certo punto sembra poter essere centrale, è completamente depotenziato in ogni sua possibile deriva narrativa. Di positivo, in tutto questo, c’è che i tre interpreti si prestano a questa produzione con un certo divertimento e riescono a tenere la scena all’interno di un impianto davvero scarno, dove anche la presenza di Kathy Bates, madre del personaggio della Kidman, passa in secondo piano.

Con il gioco dei “se” e dei “però”, è noto, non si va molto lontano, ma dispiace perché, veramente, con una maggior chiarezza di intenti e una scrittura migliore “A Family Affair” sarebbe potuto essere un piccolo gioiellino della commedia americana, anche demenziale volendo. Superficiale ma comunque doveroso soffermarsi sul comparto tecnico che si limita a fare il proprio dovere, senza guizzi artistici di nessun tipo, facendo trasparire anche da questi parti una certa superficialità nel limitarsi a portare a casa il risultato nel modo più semplice possibile.

Le riflessioni che il film, pur con toni scherzosi, poteva far scaturire restano al di fuori di quello che si vede a schermo e solo nella testa di chi ne scrive. La ricerca di un posto nel mondo, di un equilibrio, la paura della solitudine e dell’essere incompreso, ma anche la possibilità legittima di innamorarsi a qualsiasi età, sono temi che, ci vorrebbe forse suggerire “A Family Affair”, accomunano sia le persone normali che le grandi star del mondo dello spettacolo.

Se questi argomenti vi sembrano una sagra di banalità avete capito lo spirito di questo film che guarda a questi aspetti dell’esistenza umana con una poco invidiabile sciatteria in fase di scrittura. Un passaggio quindi dimenticabile a livello artistico soprattutto nelle carriere della Kidman e della Bates, mentre rafforza (il film sta, al di là di tutto, avendo successo di pubblico sulla piattaforma) la presenza della King proprio su Netflix, dopo gli ottimi risultati con la trilogia di “The Kissing Booth" e con “The In Between - Non ti perderò”.
Se cercate però qualcosa di buono, rivolgetevi altrove. 

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