Inganno: tra involuzione e autoriflessione
Dopo aver sperimentato la collaborazione con Rai Fiction realizzando Vivi e lascia vivere, Pappi Corsicato torna quattro anni dopo al prodotto seriale con Inganno (nel mezzo c’è Perfetta illusione, un piccolo, prezioso e sfortunato film), questa volta lavorando con Cattleya (Netflix distribuisce) ispirandosi alla miniserie tv inglese Gold Digger.
L’intreccio è quello arcinoto (che va da Teorema di Pasolini in giù), uno sconosciuto si instaura all’interno di una famiglia disfunzionale e ne cambia in qualche modo le sorti. In questo caso lo sconosciuto è un aitante trentacinquenne (Giacomo Gianniotti) che fa innamorare di sé una sessantenne proprietaria di un albergo sulla costiera amalfitana (Monica Guerritore), i figli si opporranno a questa unione iniziando a sospettare del nuovo arrivato.
Corsicato ci aveva abituati a un linguaggio eccentrico e provocatorio, rinnovando (già a partire dai primi anni Novanta) gli archetipi del melodramma popolare italiano, venandolo di umorismo grottesco e di bagliori thrilling. Il suo cinema ha posto spesso in primo piano figure femminili alla ricerca di una propria identità e libertà, pronte a emanciparsi e a cambiare radicalmente la propria esistenza (l’esordio Libera, La stirpe di Iana, episodio de I vesuviani, la miniserie Vivi e lascia vivere), donne indipendenti che decidono di porre una distanza dal soverchiante modello patriarcale imponendosi socialmente, oppure donne sole e frustrate alla ricerca di una dimensione erotico-sentimentale, come la protagonista di Inganno.
Gabriella è una facoltosa divorziata col peso di una famiglia incasinata, così allo scoccare del suo sessantesimo compleanno decide di lasciarsi andare alla passione vivendo un nuovo amore e una nuova vita (o così almeno crede), dopo aver conosciuto il prestante e misterioso Elia.
Il plot, pur essendo mutuato da una serie britannica e ideato e scritto da penne femminili (Teresa Ciabatti, Eleonora Ciampelli, Flaminia Gressi, Michela Straniero), restituisce alcuni echi del cinema di Corsicato (la passione melodrammatica, il gusto per la trasgressione, i lampi thriller), il quale si limita a dirigere pigramente le sei puntate della serie, impaginando in modo illustrativo la vicenda che risulta un ibrido fra il giallo-mèlo e la soap opera, con frequenti esterni della costiera amalfitana che paiono usciti da uno spot turistico.
Inganno è sicuramente il prodotto meno riuscito del regista partenopeo, che già con il precedente Vivi e lascia vivere aveva fatto trapelare un certo addomesticamento dei propri stilemi, appannati da un ordinario linguaggio televisivo che anche in questo caso lascia poco spazio al suo abituale gusto camp, rinvenibile solamente in alcuni cromatismi accesi (un mobile laccato di un verde kitsch e alcuni outfits sfoggiati dai personaggi femminili), mentre i guizzi trasgressivi (un accenno di threesome in piscina) si smorzano immediatamente rivelandosi dei fuochi di paglia.
Per certi versi Inganno può risultare interessante come rilancio erotico di Monica Guerritore (icona sexy degli anni Ottanta grazie a titoli come Fotografando Patrizia e Scandalosa Gilda), la quale senza temere il passare del tempo si lancia in amplessi passionali, talvolta filmati in maniera un tanto goffa da risultare risibili come del resto molti dialoghi. Non è chiaro fino in fondo dove finisca l’intenzionale ironia di Corsicato e dove invece l’operazione sprofondi in un umorismo involontario.
Tra stanchi cliché queer alla Özpetek (il figlio maggiore omosessuale represso e quello minore bisex) e una pseudo-parodia di Chiara Ferragni (la figlia aspirante influencer molestata da uno stalker), si staglia una sequenza che pare scompaginare ogni cosa vista fino ad ora. Gabriella uccide un ratto enorme che da diverse notti infesta l’albergo. Un gesto isolato di cattivo gusto degno del suo autore, quasi una sorta di autoriflessione sarcastica sul prodotto stesso, una simbolica minaccia pronta a erodere lo stile nel suo involversi e prima ancora il genere che cavalca.