Prime Target e la solitudine dei numeri primi

La missione dell’uomo sulla Terra è quella, come direbbe Vasco Rossi, di trovare un senso “a ciò che un senso non ce l’ha”. I numeri primi fanno parte di quest’area oscura della conoscenza umana: si tratta difatti di numeri fondamentali, alla base di ogni manifestazione della natura dal ciclo vitale delle cicale ai petali di un fiore, che tuttavia non seguono regole ad ora risapute. L’apparente impossibilità nel determinare o predire il loro comportamento li ha resi uno strumento perfetto per la crittografia al fine di custodire tutti i segreti nell’era digitale. Riuscire a trovare un pattern nei numeri primi significherebbe quindi avere accesso di diritto a ogni conto bancario, a ogni account, a ogni dossier governativo. 

Il giovane dottorando in matematica Edward Brooks (Leo Woodall) ha sempre visto i numeri come continenti inesplorati e, desideroso di essere il capostipite di una nuova rivoluzione matematica, sceglie come oggetto di ricerca proprio quegli sfuggenti numeri primi. Quando il suo professore, Robert Mallinder (David Morrissey), sparisce nel nulla insieme a tutte le tesi precedenti sull’argomento, Edward capisce presto che qualcuno sta cercando di sabotare il suo studio e questo lo porta a finire nell’orbita di Taylah Sanders (Quintessa Swindell), un’agente della National Security Agency, che sta monitorando i suoi progressi.

Prime Target, la nuova serie Apple TV+ disponibile dal 23 gennaio, purtroppo non riesce mai a risultare arguta quanto il suo stesso titolo (un intelligente gioco di parole tra prime number - prime suspect). I numeri sono “solo dei numeri”, difficilmente discostati dalla mera narrazione didascalica e simil-wikipedica di teorie matematiche. Il fascino della disciplina è riassunto in alcune generiche battute del professor Mallinder nel primo episodio, che paragonano i matematici ad esploratori: un tentativo superficiale di dare una dimensione epica alla ricerca di Edward che si scontra presto con la natura stessa di Prime Target. La serie difatti, una volta rivelatasi come un cavallo di Troia sotto forma di numeri primi, è un conspiracy thriller nella sua forma più essenziale e prevedibile, fatto di agenzie di spionaggio rivali, scomparse improvvise, esplosioni, tradimenti interni e una tappa obbligatoria nei paesi arabi ripresi con un filtro giallognolo. 

Lo showrunner Steve Thompson conosce bene i geni incompresi, essendo stato sceneggiatore per Sherlock (BBC) e co-creatore di Leonardo (Rai), ma con Edward Brooks rimane in superficie, più interessato a ribaltare degli stereotipi attraverso la scelta di un attore più tradizionalmente belloccio che alla costruzione di un vero e proprio personaggio. 

Edward difatti non è mai niente di più dei numeri che studia religiosamente e Leo Woodall, conosciuto al pubblico per il ruolo di Dexter nella struggente One Day (Netflix), non riesce ad elevare una sceneggiatura già per natura esile. Anche Taylah, il personaggio di Quintessa Swindell, è vittima di un trattamento simile da parte della storia, che la vede come uno strumento anziché come un essere con una propria identità, e Prime Target non mostra alcun impegno nel costruire una dinamica credibile tra i due protagonisti della sua stessa serie.

Tra lacune logiche e personaggi appena abbozzati, Prime Target sopprime una premessa intelligente con spiegazioni pedanti, che privano la storia di ogni dinamismo. Se gli otto episodi della serie scorrono anche grazie a colpi di scena continui, è difficile non domandarsi se questa stessa premessa potesse essere riassunta in chiave più efficace e indolore da un film di appena 90 minuti.

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