Unseen: l’arte di rendersi invisibili
Zenzi Mwale (Gail Mabalane) è una giovane domestica rimasta sola dopo l’incarcerazione del marito - accusato di omicidio - e la scomparsa del figlio. Nonostante le venga costantemente ribadito l’influsso negativo che il suo compagno ha su di lei, Zenzi aspetta pazientemente il giorno in cui sarà liberato. Quella che, però, doveva presentarsi come una giornata di festeggiamenti diventa il principio di un percorso di ricerca di una verità e, soprattutto, di un’inaspettata vendetta.
Unseen è una miniserie sudafricana (divisa in sei puntate da circa quaranta minuti) diretta da Travis Taute e Daryne Joshua e distribuita su Netflix. È basata sulla serie turca Fatma (2021); in entrambe, infatti, la protagonista è una collaboratrice domestica (e, prima ancora, è una donna) che cerca con tutte le sue forze di sopravvivere e di resistere nonostante riceva di continuo abusi. A differenza di altri prodotti del genere (che aderiscono, quindi, ai dettami del thriller), Unseen si focalizza sul processo di trasformazione di Zenzi che, da innocua donna delle pulizie ignorata da tutti e praticamente invisibile, evolve in una furiosa omicida senza scrupoli né sensi di colpa. Viene immediato il richiamo al cinema di Park Chan-wook e alla sua trilogia della vendetta e - in particolare - a Lady Vendetta, in cui la protagonista è una donna accusata di avere ucciso un bambino di sei anni. Nei tredici anni di carcere, però, Lee Geum-ja ha avuto modo di studiare un piano sadico da mettere in atto, di acquisire gli strumenti necessari e di apprendere il comportamento criminale (che include anche le tecniche di commissione del reato e le giustificazioni necessarie a legittimarlo); Zenzi, invece, ha improvvisato, non ha avuto modo di decidere con lucidità, di dotarsi di un kit tipico di un killer (che comprende armi, vestiti da utilizzare per mimetizzarsi, complici da coinvolgere), né di comprendere le possibili conseguenze. In Unseen avviene un’iniziazione al crimine immediata, spontanea, per certi persino obbligata. Zenzi inizialmente deve difendersi; reagisce, quindi, per paura, senza il desiderio di fare del male. Successivamente, poi, comprende di non avere il tempo - né forse il modo - di concedersi redenzione e decide di proseguire nella sua ricerca di verità, costi quel che costi.
Quello che plasma Zenzi è la sua disperazione che si trasforma in una forza interiore oscura, capace di autoalimentarsi ed espandersi senza che ne abbia piena consapevolezza. O meglio, senza che il senso di colpa prevalga sul resto, impedendole di mettersi in salvo. Unseen, quindi, si allontana da opere di vendetta in senso proprio (come, oltre a Lady Vendetta, Kill Bill) per raccontare il dramma di una donna che si relaziona ad una società che la respinge accusandola di “andarsela a cercare” perché insegue uomini che portano guai, o di essere la causa delle continue avance del suo padrone di casa che, indispettito dai suoi rifiuti, vuole buttarla per strada. Dal primo episodio ai successivi cambia radicalmente il registro; non si seguono più (soltanto) le indagini private di Zenzi che tenta di ritrovare suo marito, ma la sua conversione e il suo inaspettato talento criminale. Sfruttando la sua invisibilità, infatti, diventa l’omicida perfetta: insospettabile, scaltra, anonima. Nel corso delle varie puntate, poi, attraverso i flashback, vengono svelati segreti del passato che - per certi versi - chiariscono alcuni aspetti della personalità di Zenzi.
Il resto del cast (in cui spiccano un giornalista e scrittore di gialli dove la protagonista va a fare le pulizie e la sorella, nonché sua unica parente) supporta il racconto, alimentando la tensione. Resta, fino alla fine, il dubbio sulla reale identità di Zenzi; il primo e l’ultimo episodio, infatti, si chiudono allo stesso modo: il Detective le chiede “chi è”, data la sua invisibilità e la sua personalità così impenetrabile. Unseen analizza i meccanismi di manipolazione, le violenze subite e perpetrate, il sessismo. La miniserie di Netflix, nonostante il genere sia stato ormai sviscerato in ogni sua possibile forma, cattura lo spettatore, addentrandosi nel profondo della mente di una donna che sfrutta la sua invisibilità per nascondersi e proteggersi, fino a quando viene obbligata (o persuasa?) a reagire, ricorrendo ad una violenza incontrollabile.