Cent’anni di solitudine: un dagherrotipo del romanzo

Sono disponibili in streaming le prime otto puntate di Cent’anni di solitudine (Cien años de soledad). Tratto dall'omonimo bestseller di Gabriel García Márquez, il prodotto originale Netflix è una vera rivelazione. L'incredibile romanzo prende vita grazie a una narrazione coinvolgente e al lavoro certosino dei co-registi Alex García López e Laura Mora e degli sceneggiatori José Rivera, Natalia Santa, Camila Brugés ed Albatros González. Per citare la serie: siamo davanti a “un dagherrotipo”, un'immagine fedele del libro ma capovolta in una versione cinematografica.

L'adattamento televisivo è il primo in assoluto grazie ai diritti d'autore ottenuti nel 2019 dai figli del celebre scrittore che prendono parte al progetto in vesti di produttori esecutivi. La serie è la trascrizione della lettera d'amore al territorio che fu il libro e prende forma grazie a un team interamente colombiano: gli attori, di cui la maggior parte non professionisti, le comparse, i costumisti, i membri della produzione. L'enorme lavoro di ricerca, costruzione e messa in scena va a toccare svariati ambiti, dall'accuratezza storica dei fatti a cui si fa riferimento, all'evoluzione di usi, costumi, della vita politica delle aree colombiana e caraibica nel XIXesimo secolo. Ogni singolo oggetto di scena è stato progettato e ideato con riferimenti ben precisi e reali, nessun dettaglio risulta ininfluente. Lo stesso villaggio di Macondo, un personaggio a sé e il set della quasi totalità della serie, ha subito quattro evoluzioni in concomitanza con la storia. 

I protagonisti della vicenda sono i membri della dinastia dei Buendía e le loro storie dal 1850 al 1950 intrecciate in profezie, intrighi familiari e vicissitudini unite da un unico destino di solitudine. I due capostipiti sono Ursula Iguarán e José Arcadio Buendía, cugini primi il cui amore considerato maledetto e peccaminoso dalla famiglia li farà emigrare in esplorazione di nuove terre e dando vita al villaggio e alla civiltà di Macondo. Il racconto inizia viscerale, rudimentale, dipinto di tinte fango e illuminato da una luce calda e avvolgente e da inquadrature da “National Geographic”. Col proseguire della vicenda lo schermo si tinge di tinte più fredde, toni violacei per aggiungere una nota di magia, motore che spingerà la storia in una dimensione onirica con la scoperta di Macondo, poi esoterica con l'arrivo dei gitani, infine politica col rosso della libertà ed anche della violenza. Il personaggio emblematico del realismo magico e cuore pulsante della serie è proprio José Arcadio, un idealista, un Don Quijote visionario che non segue mulini a vento ma l'evoluzione e le idee del gitano Melquíades diventando studioso di alchimia e inventore, spinto da un'irrefrenabile meraviglia e curiosità, tanto legato alla sua terra e alla vita che rifiuterà di accettare i limiti delle cose terrene quali la scienza e la morte. L'amore per la propria terra incatena i Buendía a un'ideale dell'ostrica inscindibile dall' identità personale che prenderà sviluppi diversi nelle loro scelte di vita come quella di Arcadio di diventare leader politico o di Aureliano di diventare colonnello. Il Destino è il narratore onnisciente che segue passo passo vicende che paiono scorrere in cerchio portandoci al ventre e al buco nero del tutto: Macondo. 

Ad oggi 'Cien años de soledad' è considerata una delle più ambiziose produzioni mediatiche dell'America Latina, confermata l'uscita della seconda parte della storia con le ultime otto puntate.

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