L’ Amica Geniale 4: il tempo ritrovato

 
 

Si chiude il cerchio di questa potente tetralogia seriale tratta dalla saga letteraria di Elena Ferrante, la quale ha preso parte alla sceneggiatura scritta insieme a Francesco Piccolo, Laura Paolucci e Saverio Costanzo (anche ideatore del format e regista della prima stagione e di alcuni episodi della seconda). La cosa più sorprendente a livello di scrittura filmica è l’omogeneità registica che permea l’intera serie: pur coinvolgendo autori stilisticamente diversi come Saverio Costanzo, Alice Rohrwacher, Daniele Luchetti e Laura Bispuri e nonostante ognuno non abiuri la propria cifra, viene mantenuta una certa compattezza nella messa in scena del racconto, dei luoghi e dei personaggi, cercando un’aderenza alla scrittura di Ferrante, una scrittura inquieta, perturbante e iperrealista.

Sì, quella de L’amica geniale è una Napoli iperrealista, popolata da figure che trasudano un’umanità esasperata, talvolta violenta, spesso torbida, una frantumaglia esistenziale fatta di amore e odio, passioni vissute visceralmente dalla protagonista Elena (detta Lenù) nei confronti del nativo Rione e dalla sua amica Lila.

Il Rione diventa un luogo dalla valenza mitica, una sorta di leviatano in grado di schiacciare l’esistenza, un luogo che ti rimane appiccicato addosso e ti insozza con la sua triviale ignoranza anche quando sei lontano, un buco nero che risucchia tutto, affetti, passioni, ambizioni, perché è l’oscuro spazio dell’anima con il quale la protagonista deve ancora chiudere i conti prima di incanutirsi e andarsene per sempre.

Questa stagione conclusiva (lunga 10 episodi di circa 50 min. l’uno) riannoda i fili della storia di Lenù (una misurata Alba Rohrwacher) e della sempiterna amica/rivale Lila (una intensissima Irene Maiorino), tornando alle origini della loro storia e recuperando quella fisicità violenta che si palesava specialmente nelle prime due stagioni che raccontavano l’educazione sentimentale (e sessuale) delle due future donne.

Laura Bispuri ritrova la complicità di set con Alba Rohrwacher (che aveva già diretto in Vergine giurataFiglia mia), mettendo a confronto la sua recitazione sfumata e trattenuta con la vulcanica fisicità di Irene Maiorino, la quale costruisce un ritratto femminile molto vicino a quelli del cinema di Salvatore Piscicelli, una carnalità da melodramma partenopeo che sembra rifarsi alla recitazione di Ida Di Benedetto senza esserne un epigono.

La regia fisica di Bispuri ricorre spesso a close-up e a dettagli anatomici, fino a fondere e confondere le identità delle due protagoniste, solo in apparenza dicotomiche, in realtà speculari e intercambiabili sia sul piano emotivo che su quello etico-morale. Attorno a loro si agita un bestiario umano (quello che popola il Rione) che odora di ristagno esistenziale e di morte civile, in cui anche (e soprattutto) le figure domestico-familiari assumono la valenza di mostri del passato, freaks da temere e compatire al tempo stesso come Immacolata, madre di Lenù, incarnata con formidabile abilità mimetica da Anna Rita Vicolo.

Il Rione è l’altro vero protagonista, perché sempre presente sotto la pelle di Lenù anche a distanza di chilometri, donna-bambina rifugiata nella scrittura come atto catartico per poter rielaborare un oscuro passato, che andrà a dissolversi solamente in età matura, quando finalmente Elena riesce a fare ordine nella propria esistenza e a recidere il cordone che la legava ancora ombelicamente all’infanzia.

Nessuna confezione tirata a lucido e nessuna ricorsa alla paccottiglia da trovarobato televisivo, ma una certa meticolosità nella ricostruzione estetica della polverosa miseria rionale e una matericità fotografica (sotto l’egida di Fabio Cianchetti, Vladan Radovic, Ivan Casalgrandi e Hélène Louvart) che si condensa nei titoli di testa, in un susseguirsi di immagini in super 8 un po’ sgranate. Immagini che riattraversano un’intera vita, ricordi di un tempo che finalmente ritrovato può definitivamente dissolversi.

Indietro
Indietro

Blitz: classicità e retorica

Avanti
Avanti

Dostoevskij: l’antieroe seriale dei fratelli D’Innocenzo