Lioness Stagione 2 - Donne al di là della barricata
Una lioness – l’infiltrata speciale in un’operazione di intelligence – deve essere sempre “drogata di adrenalina e piena di rancore”, come sostiene Joe (Zoe Saldana) nella nuova stagione di Operazione: Lioness, in streaming su Paramount Plus. Nelle parole dell’agente della Cia, sempre divisa tra affetti e rischiose operazioni sul campo coordinate da Kaitlyn Meade (Nicole Kidman) e Byron Westfield (Michael Kelly), sotto la supervisione del segretario di stato Mullins (Morgan Freeman), è dischiusa l’intera “operazione seriale”: un mix di adrenalina e azione “gender oriented”, ispirato a un reale programma militare, tutto al femminile, creato dagli Stati Uniti.
Sul filo di un realismo rude e a tratti apologetico, attraverso cui lo showrunner ha raccontato l’America conservatrice e nazionalista, si agitano intrecci geopolitici che esemplificano, senza sfumature, le polarizzazioni che dividono il mondo intero: da una parte gli statunitensi, dall’altra la Cina e il blocco orientale, senza dimenticare il confronto con gli Huti nello Yemen e le infiltrazioni malavitose messicane. All’interno di tale ribollente calderone, si ripete sempre lo stesso schema della prima stagione, sorretto da una struttura narrativa solida e coinvolgente, attenta alla rappresentazione a tutto tondo dell’individuo, ma sempre dicotomica nella definizione di vittime e carnefici.
Il primo episodio è paradigmatico dell’intera serie, perché segue uno schema ormai rodato: l’azione parte in medias res, con i temibili messicani che rapiscono un membro del Congresso degli Usa; non potendo sfruttare le classiche squadre Delta o Seal, Zoe dovrà affidarsi nuovamente a una lioness per guidare la missione congiunta contro i terroristi, per far saltare le ingerenze straniere e riportare l’ordine nel territorio a stelle e strisce. Dopo l’uccisione di un membro della squadra, attraverso una scelta stilistica che ci fa ascoltare il contrappunto musicale emotivo mentre la macchina da presa sorvola il polveroso avamposto messicano, qualcuno, risvegliatosi dal torpore, prorompe in un perentorio: “Questa è la guerra”.
Senza più quel sofisticato amore per le strategie belliche della prima stagione e per gli intrighi personali, qui un po’ troppo abbozzati (basti considerare il rapporto tra le due donne infiltrate), Lioness 2 risulta essere molto più immediata, soprattutto nella creazione delle scene d’azione che risultano rocambolesche e iperboliche, mentre i momenti riflessivi e di raccoglimento (Joe e la sua famiglia, il passato della lioness Cruz Manuelos che ritorna come fantasma ossessivo e si intreccia ai complotti familiari di cui è vittima Josephina Carrillo) si inseriscono in uno schematismo troppo accentuato e rendono il contrappunto sentimentale un intermezzo forzato.
Sovraccarica e talvolta troppo statica all’interno di un genere che non sa bene quali direzioni prendere – spy story, thriller politico, melò complottista – Lioness 2 ripete lo schema senza risultare troppo convincente, esasperando i toni ma rinunciando all’equilibrio tra azione e momenti introspettivi. Al suo ennesimo ritorno a casa, Joe non sembra più convinta delle sue ragioni, delle sfide che dovrà affrontare, e soprattutto di quel difficile bilanciamento da raggiungere, tra ambizioni personali e preservazione del focolare domestico. Ma la prossima partenza, è solo rimandata.