Un’estate fa: tra crime e nostalgia anni ‘90
Per trent’anni la sparizione di Arianna è stata un mistero. Si sono fatte supposizioni ed escluse piste. Gli amici diciottenni di lei, nel frattempo, sono cresciuti e si sono allontanati. Poi, una macchina con all’interno un cadavere di donna, una musicassetta e una fede nuziale vengono ripescati dal fondo del lago nei pressi del quale Arianna era scomparsa, appena maggiorenne, nell’estate del 1990.
La miniserie di Michele Alberico e Massimo Bacchini non è la semplice ricostruzione delle indagini che l’ispettore di polizia Zancan porta avanti per scoprire chi ha ucciso Arianna e ne ha occultato il corpo. Più che un podcast true crime alla Stefano Nazzi, l’attenzione che la narrazione riserva alle dinamiche relazionali tra i personaggi suggerisce un approccio à la Blu notte di Carlo Lucarelli. Non è certo la prima volta che un prodotto culturale tratta la scomparsa di una ragazza, del ritrovamento del suo cadavere e delle indagini svolte nei confronti di chi quella ragazza l’ha amata proprio prima della sua sparizione – basti pensare al libro La verità sul caso Harry Quebert su cui, nel 2018, è stata basata l’omonima miniserie con protagonista Patrick Dempsey – eppure Un’estate fa (Now) si distingue per la limpidezza della sua sceneggiatura, ricca di plot twist, e per un escamotage narrativo che dona all’opera un ritmo vorticoso che tiene incollati allo schermo fino all’ultimo secondo.
Elio, il protagonista della vicenda e principale sospettato del delitto in quanto ultima persona ad aver visto Arianna viva, soffre di amnesia; una volta che il corpo della ragazza viene ritrovato, i ricordi che cominciano a riaffiorare nella sua mente sono così vividi che è come se lui stesse concretamente rivivendo quell’estate di trent’anni prima. Il personaggio interpretato da Lino Guanciale (Elio adulto) e Filippo Scotti (Elio giovane) si aggrappa ai pensieri e ai gesti di una persona ormai scomparsa proprio come avviene nella serie Tredici, nel momento in cui Clay Jensen ascolta le cassette su cui Hannah Baker ha registrato le ragioni del suo suicidio. Se però nella serie basata sul romanzo di Jay Asher Clay è un semplice ricevitore di informazioni, la produzione Sky Italia gioca sulla capacità del protagonista di rivivere il suo passato nelle vesti di una moderna Cassandra che, sapendo del destino della ragazza, tenta di alterare la realtà avvertendola e provando a salvarla dal suo sconosciuto assassino.
Aspetto peculiare della miniserie, che restituisce una totale immersione nell’atmosfera dei primi anni Novanta, è l’accompagnamento sonoro. Le scelte musicali, ma anche quelle estetiche per quel che riguarda costumi, trucco e acconciature, trasportando lo spettatore negli anni in cui il synth pop sta lasciando spazio all’alternative, in cui le giornate estive erano (e sono tutt’ora) scandite dal cantautorato nostrano. Il brano di Franco Califano che dà il titolo alla serie è stato reinterpretato da Francesca Michielin. Anche la musica, come il protagonista, trascende le dimensioni temporali che separano passato e presente, creando un continuum lungo cui si dispiegano e ripiegano le vicende macabre che hanno portato alla fine di una giovane vita.